giovedì 5 maggio 2016

La Riforma della Privacy UE è legge

04 Maggio 2016 : NUOVO REGOLAMENTO EUROPEO PER LA PRIVACY


Il 04 Maggio 2016 è stato finalmente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea il testo del Regolamento ( UE )  2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 Aprile 2016 sulla Privacy relativo alla protezione delle Persone fisiche con Riguardo al trattamento dei dati personali nonchè alla libera circolazione dei dati personali nell'Unione.
Tale disposto normativo abrogherà l'ormai nota Direttiva 95/46/CE

Come noto il Regolamento entrerà in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ( 24 Maggio ) e sarà pertanto applicato a decorrere dal 25 Maggio 2018.




Google e Android - Le accuse dell'Antitrust EU

Nuovamente a determinazione dei precedenti Articoli aventi come "Core" le accuse mosse dall' Antitrust in Russia ( per abuso posizione dominante) e dall'Antitrust in EU nei confronti Google Shopping ( per le medesime accuse ) rilevante è la seconda accusa mossa dalla Commissione Europea nei Confronti del colosso Californiano relativamente ad Android



Secondo quanto riportato già da Bloomberg nel 2015, la FTC (Federal Trade Commission), autorità antitrust Usa, già apriva un'inchiesta su Android, il sistema operativo mobile di Google.
Motivo dell'indagine era che Google avrebbe ristretto l'uso delle applicazioni realizzate da altre aziende, quindi diretti competitors, per avvantaggiare le proprie. 
Questa non era la prima volta che Google subiva un'indagine di questo tipo e l'UE, terminata l'indagine iniziata nell'ormai 2010 ad Aprile 2016 lancia finalmente i suoi capi d'accusa ( anche a seguito delle segnalazioni di diverse aziende, inclusa Microsoft ). Il famoso Robottino Verde, infatti, grazie alla distribuzione gratuita sotto forma di open-sorce, è entrato nel mercato ed ha saputo conquistare i produttori.
"L'indagine approfondita della Commissione esaminerà se Google abbia infatti violato le norme antitrust Europee impendendo lo sviluppo o la diffusione nel mercato di sistemi operativi od applicazioni da parte di concorrenti a danno dei consumatori e delle società di sviluppo"


In Questo caso, epicentro saranno le Clausole firmate con i produttori di device al momento dell'accettazione di Android all'interno dei propri prodotti.
Il Gigante G ha da sempre offerto Gratuitamente il sistema operativo ma, in cambio, chiederebbe che sul terminale siano anche istallati alcuni servizi ( in esclusiva ) del circuito Californiano, impendendo, quindi, ad aziende rivali, e meno "importanti" di poter trovare spazio laddove il sistema operativo garantisce l'incontro con grandi masse di consumatori.
La Gratuità di Android, dunque, sembrerebbe la LEVA CHE GOOGLE ha applicato negli anni per Acquisire il Monopolio del sistema informatico mobile globale.
Il Sistema infatti creerebbe la base e le applicazioni monetizzerebbero con il sistema reso gratuitamente.
La strategia sino ad ora si è rilevata efficacie ed Android è entrato pian piano nelle case di miliardi di consumatori, ma l'Antitrust EU ne mette ora in discussione gli assunti di base contestando, dunque, a Google, la pratica come ANTI-CONCORRENZIALE

In riferimento Google già presenta le prime risposte anticipando che:

"Difficile da credere, ma solo dieci anni fa gli smartphone erano quasi inesistenti. Le persone usavano telefoni con funzionalità basilari, che erano un vero incubo per gli sviluppatori. All’epoca l’unico modo per sviluppare applicazioni era farlo per ciascun dispositivo e ciascuna piattaforma; in Google avevamo un armadio con centinaia di telefoni che venivano testati uno a uno, ogni volta che volevamo lanciare un nuovo software. Android è nato da questa frustrazione. Realizzando un sistema operativo eccellente, gratuito e open source, speravamo di poter alimentare in modo decisivo l’innovazione in questo settore e lasciare ai produttori e agli sviluppatori la possibilità di concentrarsi su ciò che fanno meglio. Al tempo furono in molti a pensare che questo piano fosse una follia"
E considerata l'accusa anche in relazione alle clausole firmate con i vari device appare importante la valutazione della risposta che Google già posta nei suoi blog nel merito

"A differenza di Apple, la società di telefonia (mobile) che realizza i maggiori profitti al mondo, ci sono molte meno applicazioni Google preinstallate su telefoni Android di quante siano quelle Apple presenti sui dispositivi iOS"
Appare evidente, in realtà, ed a modesto avviso dello scrivente, ipotizzare di accusare il Gigante G di aver sfruttato la propria posizione dominante ( che indubbiamente esiste nel mercato globale) quando i mercati vicini ( vedesi iOS ) non vedono Google come una minaccia perchè non ancora in grado di aggiudicarsi adeguate fette di mercato?

Nuovamente; Come accusarlo quando le azioni di Google ( Vedesi anche il caso di Google TRAVEL ) hanno diversificato offerta e possibilità di scelta?

L'idea di Google è quindi semplice e diretta e la difesa verterà espressamente a questo.

Ad ogni modo le accuse e le difese sono ancora in fase di stallo e dettagli più computi non potranno che giungere a determinazione esclusivamente a seguito dell'incontro diretto tra le parti chiamate in causa

Avv. Fabio Maggesi

Google Shopping e l'Antitrust Europea

L' ACCUSA DELL'ANTITRUST EU CONTRO GOOGLE SHOPPING




Come già aggiornato nell' Articolo precedente vi è da rilevare cosa la Commissione Europea affermava nell'accusa mossa nei confronti del Gigante G.
L’accusa contro Google Shopping, infatti, è quella da cui ha avuto origine l’indagine nel 2010 già intrapresa da Joaquín Almunia.
Nel tempo sono state coinvolte a più riprese varie società aziende e leader nel settore, che agiscono in competizione con Google, ascoltando obiezioni, pareri, informative e facendo tesoro delle controdeduzioni del noto motore di ricerca. 
Ad Aprile 2016, quindi, ormai a distanza di circa 6 anni dall'origine dell'indagine, la Commissione Europea si è sentita di formulare la propria accusa contestando a questo punto il modo in cui "Google Shopping viene integrato all’interno del motore di ricerca “imponendo” tale scelta ai danni di altri servizi di comparazione".
Secondo l'antitrust comunitaria, "Google avrebbe sistematicamente favorito Google Shoppingrispetto alle offerte concorrenti, il tutto con un diretto vantaggio nei confronti di un proprio stesso prodotto.
Va precisato, infatti, come la posizione dominante in un mercato non sia mai contestabile in sé, mentre ad essere potenzialmente contestati sono gli abusi finalizzati ad estendere il proprio dominio da un settore ad un altro secondo una logica di vasi comunicanti che le regole per la libera concorrenza non possono tollerare. Secondo la Commissione Europea, il Gigante G
«può artificialmente deviare il traffico da servizi di acquisto comparativo concorrenti e impedire loro di competere sul mercato. La Commissione teme che gli utenti non riescano sempre a vedere i risultati più rilevanti delle loro ricerche: questo danneggia i consumatori e limita l’innovazione. A titolo preliminare, la Commissione ritiene che Google debba accordare lo stesso trattamento ai propri servizi di acquisto comparativo e a quelli dei concorrenti». 
Quanto in accusa verterebbe sul fatto che Google Shopping possa occupare una posizione preminente tra i risultati del motore a prescindere dal merito: semplicemente il comparatore proprietario è stato posizionato laddove l’utente lo considera una soluzione di favore e così facendo ne ha in qualche modo imposto l’utilizzo ai danni di altre soluzioni del comparto.
Secondo l'accusa, infatti, Google Shopping sarebbe stato sistematicamente favorito e la pratica che porta Google a formulare risultati considerati preminenti (pur nell’interesse dell’utente) non sarebbe sufficiente per motivare una scelta esclusiva ai danni della concorrenza.
Siccome le precedenti proposte di accordo formulate da Google non sono state giudicate utili allo scopo (soprattutto in virtù delle contestazioni portate avanti dai concorrenti tirati in ballo con audizioni private),  a metà Aprile l’accusa è stata formulata a titolo ufficiale lasciando però all’azienda di Mountain View 10 settimane per formulare le proprie controdeduzioni, da presentare quindi alla Commissione in sede di audizione formale.
Sin da subito, in ogni caso, l'azienda californiana, risponde in via ufficiosa mediante i propri sistemi di comunicazione e tramite il proprio blog, a firma di AMIT SINGHAL, vice presidente di Google Search, dando immediatamente la propria realistica percezione della realtà in merito alle accuse a questa mosse. 
Amit da subito riaffrontando il case history dei risultati sui voli aerei ( problematica già affrontata e superata nel 2010, momento storico in cui il Gigante B era accusato di aver minato traffico ai siti degli operatori di linea ) precisa formalmente che:
"Mentre Google può certamente essere il motore di ricerca più usato, le persone possono trovare e accedere a informazioni in molti modi diversi. In realtà, le persone hanno più scelta che mai"Esistono numerosi altri motori di ricerca come Bing, Yahoo, Quora, DuckDuckGo e una nuova ondata di assistenti come Siri di Apple e Cortana di Microsoft.In aggiunta, ci sono un sacco di servizi specializzati come Amazon, Idealo, Le Guide, Expedia o eBay. A volte sono i servizi di shopping più popolari.Le persone utilizzano sempre di più i social come Facebook, Pinterest e Twitter per trovare raccomandazioni, come ad esempio dove mangiare, quali film da guardare o come decorare le loro case.Quando si tratta di notizie, gli utenti spesso vanno direttamente ai loro siti preferiti. Ad esempio, Bild e il Guardian arrivano fino all’85% del loro traffico direttamente, e meno del 10% proviene da Google"
Parimenti l'azienda prosegue con una comunicazione interna destinata ai dipendenti


"Non si tratta di una decisione finale: è un documento in cui il personale della Commissione mette insieme le sue accuse in modo che l’azienda coinvolta abbia la possibilità di rispondere. Aspettatevi critiche dure, ma ricordate: si tratta anche di un’opportunità per Google per raccontare la sua versione della storia. Il processo di esame può richiedere diverso tempo (anche un paio di anni) e in alcuni casi ha portato la Commissione a modificare le sue accuse o a risolvere il contenzioso. Se le due parti non riescono a trovare un accordo, la Commissione ufficializza la violazione, che può poi essere appellata presso la Corte europea"
E nuovamente:


"Sappiamo che questi annunci della Commissione saranno una distrazione. Ma ci potete dare una mano in due modi: primo, non rilasciando commenti in giro su questioni legali sospese come questa; secondo, concentrandovi sul vostro lavoro per farlo al meglio, per costruire ottimi prodotti che servano al meglio i nostri utenti."
Il lavoro che il Gigante G dovrà compiere non sarà quindi di poco conto, ma, in ogni caso, procedimenti come questi riscriveranno i rapporti tra Europa ed Oltre Oceano e ci sarà dato seguirli per ottimizzare l'evoluzione normativa e la "giurisprudenza Europea" che, per casi come questi, non potrà che rilasciare un importante feedback per i successivi problemi che potranno generarsi in futuro nel merito

Avv. Fabio Maggesi

Google : Abuso di posizione dominante in EU e RU

Continuamente sotto attacco il Gigante americano ormai dalle continue operazioni a tutela della libera concorrenza sul mercato.
Dopo l'Articolo trattato in questo Blog datato 31 Marzo nuovamente da rilevare la continua difesa che il Gigante G è costretto a porre in essere a Sua difesa per le continue sanzioni comminate dall'Antitrust in Europa ed in Russia.





Già infatti in data 25 Gennaio del 2016 Google doveva difendersi dall'attacco in Russia, per la violazione di "abuso di posizione dominante", da parte dell'Anti Trust Russa


Lo riportava la Tass, che sentiva il capo del servizio federale antitrust.

Il capo del servizio, Artemyev, diceva inoltre che Google «può contestare la decisione almeno per un anno», perciò il processo e il successivo «pagamento della multa» potrebbe slittare fino al 2017. 

In questo caso la multa sarebbe stata «aggiornata per l’inflazione 2014-2017». 


Il 14 settembre 2015, per la precisione, l’antitrust di Mosca aveva riconosciuto colpevoli Google Inc. e Google Ireland Ltd. di aver violato la legge "sull' Abuso di Posizione dominante" dopo la querela di Yandex. 
Il 5 ottobre 2015 veniva emessa la prescrizione per la rettifica di questa violazione.
La compagnia correva comunque  il rischio di una sanzione che sarebbe potuta andare dall’1% al 15% del fatturato del mercato dei negozi delle app preinstallate per il 2014. Tale somma includeva gli introiti di Google della vendita di tutte le app su Google Play, nonché l’acquisto della musica e video nel 2014 nel territorio russo.

Secondo la valutazione del direttore generale della TelecomDaily, Denis Kuskov, il fatturato annuale di Google Play in Russia superava i 70 milioni di dollari: la multa quindi ammonterebbe a circa 5 milioni di dollari. 

In dicembre Google impugnava la decisione dell’antitrust nella corte d’arbitrato di Mosca avendo per il 25 gennaio 2016 prima data per l' udienza in tribunale. 

Nonostante le battaglie Legali Google perdeva dunque il ricorso in appello contro la decisione dell’Antitrust russo che accusava l’azienda statunitense per l'appunto di abuso di posizione dominante. 
L’autorità russa di regolamentazione antimonopolistica, lo ricordiamo, ha stabilito che Google ha violato locali leggi antitrust per i servizi preinstallati di serie nei dispositivi. 

Le indagini sulle pratiche dell’azienda californiana sono partite a febbraio del 2015 e si sono concentrate sul metodo sfruttato da Google per la distribuzione delle sue app nel sistema operativo Android. Si contestava, quindi, l’obbligo per i produttori di cellulari di pre-installare i servizi di Google sui loro device.
Le indagini contro Google sono partite dopo le lamentele di Yandex, il gruppo internet più grande della nazione, che ha accusato il concorrente di pratiche scorrette.
La società di Moutain View potrebbe essere costretta a cambiare gli accordi con i produttori di smartphone e tablet Android, consentendo la preinstallazione di app di serie diverse da quelle di Google. 

Il valore delle azioni di Yandex, infatti, all’indomani della sentenza è cresciuto del 13%

Il rivale russo di Google lamenta di avere perso market share dopo la diffusione degli smartphone Android. Stando ai dati di LiveInternet.ru, lo share di Yandex nelle ricerche online in Russia era ad agosto 2015 il 50% inferiore di gennaio 2014, mentre lo share di Google è salito dal 34% al 42%.

giovedì 31 marzo 2016

GOOGLE multato in Francia su Diritto all'oblio

FRANCIA: MULTATO GOOGLE PER VIOLAZIONE SUL DIRITTO ALL'OBLIO 


La Commissione Nazionale Francese per l’Informatica (Cnil) ha multato Google, il famoso Colosso della Mountain View, con 100mila euro per la sua applicazione delle norme sul diritto all’oblio, ritenuta troppo restrittiva nonostante quanto imposto dalla Sentenza della "Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 13 maggio 2014"
Al centro della contestazione posta in essere dall’organo francese, la prassi usata dal colosso U.s.a., secondo la quale è ancora applicata la deindicizzazione in relazione alle sole estensioni europee di interesse ( .it, .es., .pl ., .fr., etc... ) e non sul totale dei risultati, quindi anche e soprattutto su Google.com ovvero sulle versioni extra europee. 
A  renderlo noto lo stesso organismo francese ( CNIL )
Nonostante Google ( comunque ) abbia provveduto a mettere a disposizione un modulo online per la richiesta di cancellazione dei link, lo scorso maggio l’Authority francese ha rilevato che l’attività di deindicizzazione dei risultati è stata applicata solo ai domini di Google relativi ai paesi europei. 
Se dunque un risultato veniva eliminato dalle ricerche su Google.fr (Francia) questo non avveniva anche nel motore di ricerca internazionale Google.com.
Nel maggio 2015 quindi il Cnil  aveva chiesto all’azienda Statunitense di procedere a deindicizzare i contenuti non in virtù dell’origine geografica delle ricerche ma in assoluto, in tutte le estensioni di Google Search, al fine di non rendere il diritto all’oblio parziale nella sua applicazione.
Il Colosso Statunitense ha "premeditatamente evitato" di rispondere all’invito ed a Gennaio u.s. l’organismo francese ha deciso quindi di avviare un procedimento di sanzione nei confronti della società Americana. 
Il Cnil ha anche rigettato delle proposte della società USA, formulate poco prima dell’avvio del procedimento per risolvere il problema, ritenendo le soluzioni di filtraggio, sempre basate sul principio geografico della ricerca, facilmente aggirabili.
Il procedimento ha quindi stabilito, a marzo u.s., che le diverse estensioni geografiche offerte da Google non possono essere considerate servizi separati ma rientrano appunto nella tipologia di un servizio unico, quello del Searching. 
Quindi, il diritto all’oblio va applicato nella totalità del servizio reso, affinché abbia un senso efficace e sia conforme alla decisione della Corte di Giustizia europea in materia di Diritto all'oblio.
Infine, secondo l’organo francese non c’è, nell’applicare la norma universalmente, un limite al diritto della libertà di espressione.
La replica del gruppo di Mountain View non si è fatta attendere: 
la società californiana ha infatti intenzione di ricorrere in appello contro la decisione, come comunicato attraverso le pagine del Wall Street Journal.
"Siamo in disaccordo con l’asserzione dell’ente che afferma di avere l’autorità per controllare a quali contenuti le persone possono accedere dal di fuori della Francia"
"We believe that no one country should have the authority to control what content someone in a second country can access,” Peter Fleischer, Google’s global privacy counsel, wrote in a statement provided by a spokesman Thursday. “We respectfully disagree with the CNIL’s assertion of global authority on this issue."

venerdì 26 febbraio 2016

Annunciato Privacy Shield che sostituirà il Safe Harbor


ANNUNCIATO IL NUOVO ACCORDO SUL TRASFERIMENTO DEI DATI TRA UE e USASOSTITUZIONE DEL  SAFE  HARBOUR



Il Famoso Accordo denominato Safe Harbor ( Approdo Sicuro ) è ormai scaduto il 31 di Dicembre u.s. ed ormai tutta l'Europa e gli Stati Uniti sono in fase di organizzazione da tempo per redigerne un nuovo che stabilisca riguardo al trattamento dei dati tra UE e USA affinchè sostituisca il precedente.
L'Accordo, come noto, offriva, sin dal 26 luglio del 2000, l'adeguata protezione nel caso di trasferimento dei dati personali dall'UE oltre Oceano.
Conseguentemente al Safe Harbour, venne consentito a tutte le imprese europee che avevano sottoscritto i "Safe Harbour Privacy Principles", di trasferire i dati in loro possesso in USA.

La necessità del "SAFE HARBOR" derivava dalla logica di vedersi costituiti tutti quei requisiti utili alla protezione dei dati sensibili trattati online.
Le maggiori aziende come Facebook, Microsoft, Ebay, Google, infatti, necessitavano e necessitano di gestire i dati nei diversi continenti per necessità ( solitamente ) di origine strutturale o tecnologica ( come per il caso del Server ad esempio ).
La circolazione dei dati in Europa solitamente non poneva particolari problematiche ed era libera purchè venivano rispettati i dettami previsti dalla Direttiva 95/46/CE.
Diverso era quando i dati sensibili venivano trasferiti in paesi terzi ( vedasi USA ).
In casi come questo ( ormai quotidiano anche ai tempi della SAFE HARBOR ) era necessario assicurarsi che questi paesi offrissero quel livello di protezione tale da garantire paritetico trattamento del paese d'origine.
L'accordo, dunque, obbligava all'azienda firmataria dell'Accordo, di informare l'interessato, al momento dell'acquisizione, che i propri dati sarebbero stati trattati in altro continente.
I soggetti, dunque, avrebbero dovuto prendere immediata conoscenza riguardo all'utilizzo dei dati, riguardo alla finalità del trattamento (anche in futuro) nonchè riguardo al diritto acquisito di ottenere modifica, cancellazione, rettifica, integrità e riservatezza dei dati forniti.

INVALIDAZIONE DEL SAFE HARBOR

Ad Ottobre 2015 la Corte di Giustizia della UE aveva però affermato che vi erano dei rischi per la protezione dei dati Europei dando tempo sino al Gennaio u.s. per negoziare il Famoso SAFE HARBOUR 2 con gli USA.
In Ottobre u.s., infatti, la corte di Giustizia si era espressa sul caso sollevato da MAXIMILLIAN SCHREMS, giovane studente di legge austriaco che chiedeva di bloccare il trasferimento dei suoi dati personali nei server americani di FACEBOOK.
La decisione CLAMOROSA ha stabilito come il famoso "Approdo sicuro dei dati sensibili certificato 15 anni prima non è valido"!!!.
Tale Sentenza ha messo in discussione il fondamento stesso dell'attività aziendale della Silicon Valley che prosperava proprio su questi dati.
Ciò che MAXIMILLIAN SCHREMS contestava era che il SAFE HARBOR fosse sicuro. Per tale motivazione il caso arrivò alla Corte ( Unico Organo competente ad annullare un atto dell'Unione).
Quanto rilevato dalla Sentenza, infatti, fu che l' Approdo Sicuro non era valido poichè:
1. La commissione avrebbe dovuto constatare che gli USA garantissere "effettivamente" un adeguato livello di protezione dei dati personali a norma della Direttiva. 
Tale fattispecie non si è mai verificata in quanto la Commissione si è sempre solamente limitata ad esaminare il regime dell'Approdo sicuro ( STOP!!! )
2.  La Corte osserva come una normativa che non preveda alcna facoltà per il singolo di esperire rimedi giuridici diretti ad accedere ai dati personali che lo riguardano o ad ottenerne la rettifica o la cancellazione, viola il contenuto essenziale del diritto Fondamentale ad una tutela giurisdizionale effettiva, facoltà., questa, che è connaturata all'esistenza di uno Stato di Diritto
3. L' Approdo Sicuro era esclusivamente applicabile alle Aziende USA che lo sottoscrivevano mentre tutte le Autorità Pubbliche non potevano essere assoggettate producendo gravi ingerenze nei diritti fondamentali delle persone
4. Infine la Corte dichiara che la Decisione della Commissione del 26 Luglio 2000 privava le autorità nazionali di controllo dei loro poteri nel caso in cui una persona contesti la compatibilità della decisione con la tutela della vita privata e delle libertà e diritti fondamentali delle persone. La Corte affermava, parimenti, che la Commissione non aveva la competenza di limitare in tal modo i poteri delle Autorità nazionali di Controllo.

Il Dott. Soro ( Garante del Trattamento dei Dati in IT ), commentando la Sentenza della Corte così pronunciava:
"Non è ammissibile che il diritto fondamentale alla protezione dei dati, oggi sancito dalla Carta e dai Trattai UE, sia compromesso dall'esistenza di forme di sorveglianza e accesso del tutto indiscriminate da parte di autorità di Paesi terzi, che peraltro non rispettano l'ordinamento Europeo sulla protezione dei dati". Per questo, aggiunge Soro, "occorre una risposta coordinata a livello Europeo anche da parte dei Garanti Nazionali"

ALLO STATO ODIERNO
Le trattative, dunque, per la nascita del "Safe Harbor 2" sono proseguite in maniera costante anche in vista degli interessi economici che ricoprono una situazione delicata come quella contingente ormai verificatasi.
E' nel mese di Febbraio 2016 che viene annunciata, dal Vice Presidente della Commissione Europea ANDRUS ANSIP quello che è stato battezzato "PRIVACY SHIELD".
Tale "Bozza" sarà sottoposta, dunque, al successivo vaglio di tutti i Garanti Europei (come daltronde pronunciava il Dott. Soro ).
Il nuovo PRIVACY SHIELD avrebbe dunque il "Dovere" di ottemperare e quindi rispondere a tutte le questioni sollevate dalla Corte in Ottobre u.s. con la Sentenza C 362/14.
Secondo quanto annunciato dal Vice Presidente della Commissione, con il nuovo Accordo sarà possibile importare in USA tutti i dati sensibili acquisiti online a condizione che vengano essere elaborati a garanzia dei cittadini.
Così facendo si passerebbe dall'Autocertificazione unilaterale del SAFE HARBOR all'impegno vincolante e verificabile della FEDERAL TRADE COMMISSION AMERICANA.
Inoltre, in risposta alla decisione della Corte, i Cittadini Europei avrebbero a disposizione diverse "opzioni" per poter opporre il trattamento dei dati.
Le aziende USA avranno di contro l'obbligo di rispondere in temi celeri ed in caso di inadempienza i Cittadini UE potranno rivolgersi già in primis alla propria Autorità Nazionale.

Sempre per rispondere alla Decisione della Corte, il Commissario Europeo JOUROVA ha pubblicamente "Assicurato" che il PRIVACY SHIELD prevederà "che i dati degli Europei non verranno sottoposti a sorveglianza indiscriminata"
Tale fattispecie sarà validamente apprezzata (globalmente) poichè per la prima volta nella storia gli USA hanno dato alla UE garanzie vincolanti che l'accesso delle autorità giudiziarie saranno soggette a limitazioni, tutele e meccanismi di controllo chiari.

Il PRIVACY SHIELD è nei primi di Febbraio 2016 dunque passato al vaglio dei Garanti Europei Riunitisi nell'Art. 29 Working Party.
L'entrata in vigore sembrerebbe possa dirsi per i mesi di Maggio / Giugno p.v.

Ci auguriamo, dunque, che tali operazioni possano, anche in vista del periodo storico (ormai non più 2.0) che stiamo vivendo, maggiormente garantire la sicurezza delle informazioni e dei dati sensibili da sempre gestiti (forse impropriamente) dalle più importanti Società della Silicon Valley da sempre arricchitesi della mole dei dati acquisiti sino ad ora.






lunedì 18 gennaio 2016

Focus sulle attività Legali a Tutela dell' IP

FOCUS SULLE ATTIVITA' LEGALI A TUTELA DELLA PROPRIETA' INTELLETTUALE





Lo studio Legale Maggesi ormai dagli anni 90 si occupa di gestire i beni immateriali per private ed aziende e per tale motivo, scopo dell'odierno Articolo, ci è premura sottolineare al meglio le attività a difesa della Proprietà Intellettuale.

In tale contesto è importante sottolineare la gestione del portafoglio marchi aziendali attraverso la presa in gestione e l’inserimento in banche dati professionali ed idonee a garantire la sorveglianza di tutte le scadenze.

Inoltre lo studio è in grado di offrire pareri in merito alla registrabilità di un nuovo marchio sia attraverso l’analisi dei requisiti assoluti per la registrazione sia attraverso le ricerche di anteriorità necessarie per verificare la sussistenza del requisito della novità.  Inoltre a livello di deposito possiamo agire in via diretta presso l’Ufficio Italiano Marchi e Brevetti (UIBM), l’Ufficio per l’Armonizzazione del Mercato Interno (UAMI) e la World International Property Organization (WIPO).

Quanto ai depositi locali esteri possiamo agire in qualunque giurisdizione attraverso la nostra consolidata rete di collaboratori esteri. 

Lo Studio è infatti presente su tutti e 5 i continenti ed è coadiuvato da consulenti esperti per la gestione e la tutela della proprietà intellettuale (ovunque si intendesse spendere tale diritto).

Per la migliore gestione del portafoglio marchi ed onde evitare prolungate attività di speculazione da parte di terzi offriamo anche servizi di sorveglianza per i quali possiamo prevedere ambiti territoriali specificamente ritagliati sulle Vostre esigenze.

Laddove si dovessero riscontrare attività di contraffazione in danno ai Vostri marchi, possiamo essere di supporto tramite l’individuazione delle migliori strategie processuali in Italia ed all’estero.

Inoltre, per contrastare eventuali depositi di marchio ritenuti simili ai Vostri, siamo in grado di attivare tutte le procedure amministrative idonee a scongiurare la registrazione; possiamo infatti agire contro registrazioni speculative di nomi a dominio simili ai Vostri marchi tramite le apposite procedure di riassegnazione da avviare anche a seguito dell’attivazione di servizi di sorveglianza sui nomi a dominio che siamo in grado di offrire su base annuale. 

La nostra assistenza giudiziaria è diretta anche alla repressione di tutti i comportamenti pregiudizievoli nei confronti dell’immagine e della reputazione Vostra e della Vostra azienda. In ragione di tale fattispecie lo Studio si avvale di professionisti in materia ed esperti nella C.d. "Brand o Private reputation".

Quanto al tecnico il nostro studio potrà fornire pareri circa la migliore strategia di tutela per le nuove invenzioni. Possiamo occuparci di deposito di brevetti, modelli di utilità e design industriale seguendo l’iter amministrativo fino alla concessione sia nei contesti nei quali possiamo operare in via diretta sia nei paesi esteri attraverso i ns. corrispondenti. Quando si ritiene di aver scoperto qualcosa che non sia intuitivo per un tecnico del settore e quando tale scoperta possa avere in astratto un valore economico non irrilevante è opportuno proteggerla con lo strumento più idoneo in base al parere dei ns. tecnici; in via preventiva è però opportuno effettuare una ricerca di libera immissione in commercio onde evitare possibili interferenze in altrui privative brevettuali.

Ci occupiamo inoltre di Diritto d’autore curando i relativi depositi presso il Ministero dei Beni Culturali e la SIAE compresi i depositi al Registro Pubblico del Software. 

Negli ambiti sopra indicati il ns. studio è in grado di fornire pareri e di dare suggerimenti appropriati sempre nell’ottica di valorizzare al massimo le Vostre invenzioni ed i Vostri segni distintivi.  Tali beni immateriali, dopo essere stati adeguatamente protetti, devono circolare sui mercati di interesse ed in tale prospettiva il nostro studio è a Vostra disposizione per la redazione dei contratti più appropriati anche nell’ottica di realizzare al meglio i progetti di esportazione e tutte le forme di sfruttamento all’estero di marchi e brevetti.

E' politica dello studio, per tutto quanto qui indicato, procedere con analisi e studi mirati per qualsivoglia problematica che potrà presentarsi al fine di "cucire" su ogni cliente l'aspettativa che questi intenderà prefissarsi.

Per chiarimenti, comunicazioni o quanto di pertinenza, come sempre, lo studio rimane a completa disposizione nel merito

Avv. Fabio Maggesi