lunedì 9 febbraio 2015

MATRIMONIO MISTO : ITALO / EGIZIANO

MATRIMONIO MISTO : ITALO / EGIZIANO



Il diritto egiziano in materia di diritto di famiglia è carente di una chiara codificazione unitaria. Nel corso degli anni si sono susseguite una serie di normative ad implementazione o cassazione delle precedenti. La normativa islamica più nota è la “Shariaa”, che comprende sia norme giuridiche, religiose, sia  morali.
 - Rispetto ai rapporti patrimoniali, il regime legale previsto nel diritto egiziano è quello della separazione dei beni.
Non è ammissibile la comunione dei beni, salvo logicamente nei casi in cui i beni siano intestati ad entrambi i coniugi, perché ciò sarebbe contrario alla Shariaa ( legge musulmana, ma anche di Stato ). 
“…….Si ricordi che l'ordinamento egiziano ed i suoi diritti in generale sono assorbiti dall'ordinamento francese…… “ .
  Anche quelle che non sono leggi religiose islamiche, devono comunque rispettare le regole basi della Shariaa.
  Nella Shariaa, quindi, i coniugi sono considerati finanziariamente due persone fisiche indipendenti e per tale motivo non si prevede la comunione dei beni.
-  Il divorzio, sia a seguito di matrimonio secondo il rito cristiano ortodosso, sia a seguito di rito musulmano ( le due religioni prevalenti in Egitto ), è previsto in Egitto ed è concesso sia al marito, sia alla moglie.
Nel rito musulmano, è ammissibile e ( addirittura ) per il korano non è considerato peccato.
E’ opportuno ricordare, infatti, che secondo il rito musulmano, la normativa politico/religiosa prevede la possibilità ( ma soltanto per il marito ) di avere max 4 mogli.
Tale possibilità concessa al solo marito è, ad oggi, fonte di controversie nella coppia e spesso tale normativa, mal sopportata dalle mogli, giustifica ed induce queste a rivolgersi all’istituto del divorzio.
Per quel che concerne il divorzio laddove, come sopra detto, la richiesta è possibile sia da parte del marito che da parte della moglie, va fatta una differenziazione in base alla religione di appartenenza.
Se il coniuge è egiziano cristiano ortodosso, a differenza dal musulmano, il divorzio diventa ammissibile solo in questi casi:
1)      adulterio (occorrono i testimoni per far valere questa istanza);
2)      cambio della religione (ad esempio la conversione all'Islam).
  Nei casi sopracitati ( a differenza da quello musulmano ) di matrimonio celebrato secondo il rito cristiano/ ortodosso, è soltanto la Chiesa ad essere autorizzata a rilasciare il divorzio.
  In rari casi, alcuni egiziani cristiani si sono rivolti al Tribunale per ottenere il divorzio e dopo processi durati diversi anni ( almeno 5 ) l'hanno ottenuto, ma non hanno più la possibilità di risposarsi né in chiesa né in comune.
  Visto lo scontro giuridico tra le due dottrine, Chiesa e Stato, si sta elaborando una nuova normativa per i cristiani con la quale si vuole stabilire la possibilità di rivolgersi al Tribunale senza dover andare incontro a processi interminabili.
Si ricordi che nel diritto egiziano ( e soltanto per i cristiani ), non è ammissibile il matrimonio civile in comune.
Il divorzio, come già riportato, può essere anche richiesto dalla moglie, avvalendosi della legge “detta” Kholaa ( seguendo la legge islamica ed il rito musulmano ) che permette alla moglie di richiedere il divorzio senza necessario consenso del marito a condizione di rinunciare a tutti i diritti economici. La legge del Kholaa è regolata dall'articolo 20 della legge n°1 del 2000 e successive ( Legge n.10/2004 e Legge n.11/2004 ) che prevede che la moglie rinunci al proprio mantenimento economico dovuto dal marito. Comunque, tale obbligo del marito ( ma soltanto quello del mantenimento dei figli ) rimane vigente qualora i figli siano ancora minorenni.
-  Il contratto matrimoniale, inoltre, può prevedere delle condizioni aggiuntive rispetto ai diritti ed ai doveri dei coniugi. E' bene dunque, al momento della celebrazione del matrimonio, inserire delle clausole a maggior chiarezza nell'eventualità dello scioglimento del vincolo tramite divorzio.
-  Per quel che concerne la podestà genitoriale, essa è esercitata dal padre che si deve occupare anche del mantenimento della famiglia. La madre invece si occupa, prevalentemente, della custodia dei bambini. La legge n°4/2005 concede alla donna, a seguito di avvenuta richiesta ( sia proveniente dal marito, sia dalla moglie ) ed ottenimento divorzio, la custodia dei bambini fino all'età di quindici anni.
-  Il figlio nascenti da matrimonio misto  ( celebrato in Egitto ) ma avvenuto in territorio italiano ha, comunque, la possibilità di ottenere la doppia cittadinanza ( trasmessa per “ diritto di sangue” ).
- Nel dettato normativo egiziano, non si rinvengono determinate specifiche riguardo ai rapporti personali tra coniugi. Resta comunque solida la sottoposizione e l'obbedienza della moglie al marito. Alla moglie viene riconosciuto il diritto al mantenimento (artt.1 e 2, legge n° 25/1920) per tutta la durata del matrimonio anche se essa possiede risorse economiche personali oppure è di religione diversa da quella del marito. Il mantenimento sarebbe dovuto in quanto corrispettivo della sottomissione ed obbedienza al marito.
Alla donna viene, inoltre, riconosciuto il diritto al lavoro.
-  Per quanto riguarda la questione del passaporto, è il nome del marito che si scrive sul passaporto egiziano della moglie e soltanto quando ella avrà acquisito la cittadinanza egiziana. Nel caso in cui la moglie dovesse partire dall'Egitto con passaporto egiziano, ella potrebbe partire senza il mandato ( concessione ) del marito. Al contrario, se con lei dovessero partire anche i figli, per loro è necessario ottenere il mandato del marito ( una volta questo era necessario anche per la moglie).
Per i titolari di passaporto italiano ovvero doppio passaporto, il problema precedentemente riportato non sussiste ed il soggetto titolare di passaporto potrà lasciare l’Egitto senza particolari consensi e/o concessioni.
-  Essendo il matrimonio celebrato in Egitto, non è possibile adottare il diritto italiano atto a regolare i rapporti tra i coniugi, ma si dovrà seguire il diritto egiziano.
Qualora, invece, si ottenga la residenza in Italia ( a seguito di lunga permanenza in tale territorio a avvenuta concessione di permesso di soggiorno e/o cittadinanza ), si potrà soggiacere alle normative italiane anche in merito a diritti di natura famigliare.
Tale giurisdizione è riconosciuta ed applicabile soltanto quanto lo Stato italiano è stato reso edotto della regolare ed effettiva congiunzione matrimoniale dei due soggetti.
E’ sempre consigliabile, quindi ed in presenza di matrimoni misti ( italo/egiziani ), registrare il matrimonio contratto in Egitto, anche in Italia.
-  I matrimoni misti, contratti nel territorio egiziano, si effettuano ( celebrano ) presso il Ministero della Giustizia in un ufficio preposto a questo; quindi si tratta di un atto più civile che religioso (sempre nel rispetto, comunque, delle regole dettate dalla Shariaa ).
 -  E', altresì, ammissibile il matrimonio per procura, ma si tratterebbe di ottenere certi tipi di mandati ( richieste e documenti amministrativi) rilasciati in Italia, tradotti e legalizzati dal Consolato egiziano a Roma (per esempio) e l'iter non è molto breve e semplice. E’ poco utilizzato e non consigliabile se non in casi particolari di diritto penale ovvero internazionale.
 Avv. Luigi Maggesi - www.studiomaggesi.it 

Yahoo non è responsabile per le violazioni di copyright di Mediaset

Corte d’Appello di MILANO: 

E la sentenza stabilisce che Yahoo non è responsabile delle violazioni del copyright di Mediaset


La Corte di Appello di Milano ha accolto il ricorso di Yahoo! contro la sentenza di violazione del diritto d’autore, emessa a favore del Gruppo Mediaset nel 2011.Yahoo! Italia era stata condannata a causa di alcuni video caricati dagli utenti sulla piattaforma “Yahoo! Video”.La stessa oggi non risulta più in attività. I video incriminati erano tratti da trasmissioni televisive di RTI (Gruppo Mediaset) quali Amici, Il Grande Fratello, Striscia La Notizia, ecc.




Il mancato riconoscimento della neutralità dell’intermediario era motivato da un presunto controllo sui video da parte di Yahoo! che avrebbe reso la piattaforma un hosting provider “attivo”, a differenza dei provider “passivi” tutelati dalla Direttiva Comunitaria.In sostanza, la Corte aveva riconosciuto un’attività di tipo editoriale da parte della piattaforma, in virtù della funzione di indicizzazione automatica e, paradossalmente, della possibilità di rimozione di contenuti segnalati come illeciti.
Ciò premesso, il giudice aveva individuato la colpevolezza di Yahoo! anche nella mancata rimozione di tutti i video in seguito alla diffida ricevuta da RTI. Una motivazione a cui Yahoo! aveva risposto invano nel corso del giudizio, sostenendo di avere rimosso subito i 9 video indicati e di aver chiesto a RTI di specificare ulteriori URL di video da rimuovere e di non aver mai ricevuto la lista completa.La Corte di Appello, nella sentenza che ribalta la decisione di primo grado ha sottolineato come Yahoo! avesse puntualmente provveduto a rimuovere anche ulteriori 218 video, nel momento in cui i relativi URL sono stati indicati da RTI, in fase di giudizio. Per quanto riguarda la responsabilità della piattaforma, citando alcune decisioni della Corte di Giustizia dell’Unione Europea quali quelle relative al caso SABAM-Scarlet, quelle relative al caso SABAM-Netlog e quelle relative al caso Telekebel, il giudice d’appello ha rigettato le interpretazioni in cui si era prodotto il Tribunale di Milano nel 2011.Non ci sono, infatti, i presupposti per considerare la piattaforma come appartenente ad una diversa tipologia di hosting provider non tutelata dalla Direttiva 2000/31/CE.Yahoo! è pertanto un semplice intermediario e come tale non era tenuto ad individuare autonomamente contenuti in violazione dei diritti di d’autore di RTI, né avrebbe dovuto approntare un sistema di filtri che prevenisse le successive violazioni.RTI è stata dunque condannata a risarcire Yahoo! delle spese processuali di primo e secondo grado, per un ammontare totale di 244.000 euro.Quanto richiamato non può che sposare in pieno la giurisprudenza vigente.Yahoo! Italia, quindi, non potrà che considerarsi un ISP "passivo" e per tale motivazione a nulla valgono le eventuali azioni mosse nei confronti dello stesso perchè così disciplinato dalla normativa nazionale (D.lgs. 70/2003) agli Artt. 15,16,17 e 18 della stessa.


Secondo il giudice di primo grado, nonostante i video fossero stati diffusi dagli utenti, "la violazione era da ritenersi in capo a Yahoo! in quanto l’attività della piattaforma non poteva essere ricondotta alla limitazione di responsabilità prevista dall’art.14 della Direttiva Europea sul Commercio Elettronico (2000/31/CE) attuata dal d.lgs 70/2003"